Buongiorno,non è la prima volta che mi sono sentita rispondere : “ Che cosa vuoi farci ,oramai non c’è più “ .
Vero è, la mia mamma non c’è più,ma per questo non vuol dire che finisca tutto qui’,anzi direi che inizia da qui’.
Ho assistito impotente alle tante sofferenze che ha dovuto subire e che mai,se non in modo molto blando,le sono state risparmiate anche se i mezzi per farlo c’erano,mancavano però la volontà,la sensibilità e l’umanità. Tre mesi durante i quali sono entrata in contatto con un mondo,quello ospedaliero,che conoscevo solo di sfuggita.
E’ sconcertante che quello che abbiamo vissuto non sia capitato solo a noi ,ma sia successo prima,succeda e succederà. La mia è una denuncia di questa crudele realtà che porta solo a calvari dolorosi ed inutili. Tante persone hanno scelto di non fare nulla ,invece io sto ‘ cercando attraverso quotidiani,associazioni,conoscenti,di smuovere le opinioni. Perché si parla tanto di eutanasia,argomento molto complesso,ma poco o niente di terapia del dolore,anzi all’interno degli ospedali non esiste nemmeno un protocollo in merito.
Una voce poco può fare ,ma è mia speranza che alla mia se ne uniscano molte altre. Per la mia mamma non posso fare più nulla,ma per gli altri spero di riuscirci,chissà forse anche per noi,perché a nessuno è concesso sapere cosa ci succederà in futuro,e quindi in quel letto potremmo un giorno trovarci pure noi.
Articolo pubblicato da GRAZIA numero 51 Dicembre 2018
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