Non è facile definire il confine tra due concetti, tra due situazioni, tra due modi di pensare e quindi di agire. Quando ti trovi a leggere una lettera scritta da un Medico urologo e ti commuovi e pensi… perché non abbiamo avuto un Dottore come Lui, perché per quanto abbiamo parlato, chiesto ed insistito non abbiamo trovato risposte umane e gesti conseguentemente coerenti. Ti rispondi perché così è stato ed ora del passato non puoi cambiare nulla, nessuno può . Casualità , fortuna o meno, per quanto te lo ripeti non ti va’ giù e mai succederà . Questo Dottore dinanzi ad una paziente inguaribile si è trovato denudato di tutti i suoi anni di studi, corsi ed esperienze. Tanto candore e consapevolezza del proprio destino e la ferma capacità di decidere di sospendere le cure. Un pezzo della vita di questa donna affidata alle sue mani, una mamma e nonna che chiedeva solo di essere rispettata e di poter così salvaguardare la propria dignità. Confine tra protocollo ed accanimento terapeutico, quando una pizza mangiata con i propri cari vale più che dieci giorni di vita in un letto di ospedale , giorni regalati dalle medicine in un posto di malattia, che finiranno ugualmente perché speranze di guarigione non ci sono. Un Dottore che si commuove e riflette su questo incontro che lo ha segnato e non reso ancor più insensibile al dolore ed alla volontà altrui come avviene ai suoi molti colleghi. Perché la vita è personale ed è la persona stessa o chi per lei per grado di parentela o convivenza, oppure attraverso le DAT, che decide, anzi che deve decidere cosa desidera e come finire la propria esistenza. È nostro diritto e lo vogliono far passare per una pazzia momentanea, come anche per un oltraggio ai fondamenti della religione cristiana. E costoro che si dimostrano così giudici integerrimi, cosa farebbero in tali situazioni? Bella domanda, ancor più interessante sarebbe ottenere una risposta certa e sincera .
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