Quel senso di abbandono io lo provo ancora a distanza di tanto tempo. Quei colloqui freddi, asettici ed a tratti pure infastiditi, perché penso più volte si siano detti quegli egregi dottori, ma ancora qui anche oggi? Ma cosa vogliono sentire, non vedono la situazione quanto disperata sia? E voi illustri dottori perché vista la gravità non avete fatto nulla di più del vostro famoso protocollo da seguire ma guai da oltrepassare anche se vi sono leggi che permettono ad ognuno di noi di limitare la sofferenza il più possibile? Ecco credo che queste domande se le siano poste in molti, perché anche se le storie sono diverse la sofferenza di una persona porta sempre a chi ne ha cura e che la ama, un dolore sordo, onnipresente anche dopo la sua dipartita e quel senso di abbandono da parte di chi invece avrebbe dovuto confortarlo, con parole, gentilezze e gesti concreti di umanità . Questa parola così usata ma poco applicata, in un contesto dove invece ne servirebbe di più ed ancora, dipende sempre chi trovi, quanta fortuna hai. Personalmente non ero sola ed in più ho avuto la fortuna di conoscere altre persone allora estranee, che mi hanno aiutata soprattutto sul piano psicologico. Ma oggi mi diventa difficile non pensare a coloro che invece dinanzi a queste tragedie si trovano soli sia in ambito familiare che curativo, durante e dopo. Confesso che mi fa rabbia pensare a tutto ciò che si potrebbe fare e dire e non si fa, e si tace pure. Rimane con me quella sensazione di freddezza, distacco e disinteresse anche se sono consapevole che non è ovunque così, però sicuramente abbiamo diritto a di più . A più ascolto, quello vero, a considerazione e rispetto, ed a più professionalità. Come ottenerlo senza far nulla non è possibile ma se tutti capissero il peso delle nostre voci unite in una unica voce, allora sì si potrebbe realmente cambiare questo sistema che tiene poco conto della sfera emozionale e spirituale delle persone.
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